Etiopia, 1937. Pietro, avvocato torinese, si ritrova col grado di tenente, in Africa per una missione spinosa: difendere un uomo che tutti vogliono morto. Il sergente Prochet, condottiero dei cosiddetti gruppi esploratori, ha sgozzato, squartato, devastato. Due pattuglie inviate nel deserto per recuperarlo sono svanite nel nulla. Ora è solo un personaggio scomodo, chiuso in una buia cella di Addis Abeba. Pietro tenta di aprire un varco nel silenzio ostinato di Prochet, per alcuni un eroe della guerra che ha dato all’Italia un impero, secondo i più “un matto, una bestia, uno che l’Africa gli ha fatto male”. Ma perché hanno affidato proprio a Pietro quel caso a cinquemila chilometri dal suo Paese?
L’uomo verticale
«Poco prima di addormentarsi ebbe l’impressione di intuire per la prima volta la terribilità di quel che stava avvenendo. Un nuovo tempo si apriva, un tempo nudo che prometteva di durare e la cui parola chiave sarebbe stata “senza”, come quella dell’età che l’aveva preceduto era stata “con”.»